Ha raccolto un testimone importante Stefano Fambri – uomo di punta del Gruppo Mezzacorona – eletto all’unanimità come nuovo presidente dell’Istituto Trento Doc. Una casa che accoglie oggi 67 case spumantistiche e che, nel promuovere il marchio Trentodoc in Italia e all’estero, ha vissuto un periodo di crescita in termini di numeri e di posizionamento. Il futuro non è necessariamente in discesa, viste le nubi di una congiuntura complicata, ma il nuovo presidente non ha dubbi e – come conferma a Italia a Tavola – l’obiettivo è tenere barra dritta nella direzione di un rafforzamento ulteriore del marchio e di un posizionamento sempre più alto. E se la concorrenza aumenta, si rafforza la prospettiva di un’Italia terra di spumanti.
Presidente Fambri, al momento dell’insediamento lei ha esplicitamente dichiarato la continuità con i percorsi precedenti. Essendo cambiato il contesto, quali azioni dovranno essere adottate per far evolvere il marchio?
«L’Istituto si occupa di promozione del marchio collettivo. Negli ultimi anni è stato fatto dal Consiglio di Amministrazione – insieme agli associati – un lavoro importante sul posizionamento e la notorietà. Questa è, a mio parere, la strada che va ancora percorsa, a maggior ragione in una situazione congiunturale incerta; ecco perché ho parlato di continuità. Nei prossimi tre anni porremo sempre maggiore attenzione verso la comunicazione, adattandola al contesto, e comunicando i valori cardine del marchio. Continueremo a rivolgerci al consumatore, spiegando il prodotto per far comprendere la qualità di Trentodoc, la sua provenienza legata alla montagna e le sue caratteristiche di abbinabilità che ne fanno un metodo classico perfetto per ogni occasione».
L’Istituto Trento Doc si occupa di promozione del marchio collettivo
A fronte di un posizionamento importante, come affronta Trentodoc l’attuale congiuntura e quali strumenti dovrebbe adottare per mantenere le posizioni acquisite?
«Continuando il lavoro di consolidamento della notorietà».
Brand e prestigio, qual è la percezione della denominazione e quali ulteriori rafforzamenti potrebbero essere adottati?
«Siamo orgogliosi del lavoro fatto. Negli ultimi dieci anni la reputazione del marchio è cresciuta molto e i risultati li abbiamo visti e li stiamo vedendo. Il marchio si è guadagnato riconoscibilità e fiducia verso il consumatore finale. Sicuramente si può fare ancora molto, soprattutto in Italia, che è il nostro principale mercato di riferimento dove ci sono ancora margini di crescita e dove quindi concentreremo le nostre attività».
Nella relazione con il territorio quali valori porta Trentodoc?
«Trentodoc deve moltissimo al territorio da cui proviene, il Trentino, dove la montagna permea tutto l’ambiente: basti pensare che il 70% della provincia si trova sopra i mille metri e il 20% sopra i duemila. Il payoff di Trentodoc è “bollicine di montagna”, a sottolineare il legame stretto con la terra d’origine. L’altro nostro valore importante è la tradizione: la Doc Trento è stata la prima in Italia riconosciuta per un metodo classico, una delle prime al mondo e vi sono documenti che attestano la produzione di metodo classico già verso la fine dell’Ottocento».
Trentodoc deve moltissimo al territorio da cui proviene, il Trentino
La denominazione rappresenta un caso virtuoso di relazione tra cooperazione, grandi aziende e piccole realtà. Si può parlare di un modello Trentodoc?
«Non credo si possa parlare di un modello. Da sempre questa è la realtà produttiva trentina – fatta appunto di grandi e piccole realtà con le quali ci siamo confrontati ogni giorno per crescere insieme. A fare la differenza è stata la volontà dei produttori, oggi 67, che fin dall’inizio hanno fatto squadra e hanno creduto nell’Istituto, investendo risorse per affrontare il mercato con responsabilità e convinzione. Insieme a loro gli enologi, che hanno fatto crescere il livello qualitativo dei prodotti».
Se guardiamo il posizionamento di valore, lo considerate già adeguato o deve essere ulteriormente rafforzato?
«Negli ultimi anni, grazie alle azioni messe in campo e grazie anche ad un mercato favorevole verso le bollicine, Trentodoc è cresciuto, raddoppiando la produzione e crescendo anche in valore. Sono aumentati i prodotti millesimati, le riserve con lunghi affinamenti, che hanno portato ad un aumento del valore medio; la gran parte di questo lavoro viene svolta dai singoli produttori con le loro strategie e azioni commerciali».
Stefano Fambri, eletto all’unanimità presidente dell’Istituto Trento Doc
Quali sono i numeri oggi del Trentodoc?
«Saranno a breve disponibili i dati relativi al 2023, rilasciati dal nostro Osservatorio. Quello che posso anticipare è che il comparto a fronte della situazione congiunturale, conferma sostanzialmente la tenuta rispetto ai 13 milioni di bottiglie vendute nel 2022».
Horeca e retail, quale è il peso dei due canali per il marchio? Quali sono gli obiettivi che vi date per rafforzare ulteriormente il già ottimo rapporto con l’horeca?
«Entrambi i canali di distribuzione sono importanti per far crescere il Trentodoc e aumentarne la diffusione. In particolare, nel canale horeca gli operatori ci hanno aiutato a far conoscere Trentodoc, proponendolo e spiegandolo al consumatore. Per questi motivi gli dedichiamo molta attenzione e abbiamo nel corso degli anni attivato diverse azioni specifiche. Per fare un esempio, per quanto riguarda il Concorso Miglior Sommelier dell’anno siamo partner dell’Associazione Italiana Sommelier con la quale abbiamo costruito dei rapporti molto soddisfacenti che perdurano nel tempo».
Trentodoc ha saputo ritagliarsi uno spazio di qualità valorizzando l’eccellenza dei prodotti e del territorio
Considerato che le bolle sembrano avere un respiro più lungo rispetto ai fermi sui mercati internazionali, il comparto si sta facendo sempre più affollato. Come vede lo sviluppo degli sparkling italiani e nello specifico dei metodo classico di territorio?
«Negli ultimi anni sono nati parecchi vini riconducibili alla categoria spumanti che si sono affiancati a denominazioni più apprezzate e di successo. Tutto ha contribuito a convincere il consumatore, soprattutto straniero, che anche l’Italia sia un produttore di bollicine. In questo senso, il fenomeno è sicuramente positivo e va a beneficio di tutta la produzione italiana: Trentodoc ha saputo ritagliarsi uno spazio di qualità in questo panorama, valorizzando l’eccellenza dei prodotti e del territorio».
Fonte Il Sole 24 Ore