La domanda è molto provocatoria lo so, ma è un modo diretto e senza filtri per portare l’attenzione su quanto è accaduto durante questo anno di pandemia che ha intaccato pesantemente due stagioni turistiche ed enoturistiche.
Partiamo da quello che è accaduto per capire, dal punto di vista della comunicazione, quello che realmente ci aspetta nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
L’anno appena trascorso, contraddistinto da uno stop forzato per tutte le attività di accoglienza in cantina, ha visto soprattutto il fiorire di iniziative digitali rivolte alla formazione di figure professionali legate all’Enoturismo.
Importanti realtà editoriali a livello Nazionale, Consorzi di tutela ed agenzie di formazione hanno iniziato a proporre master, corsi di formazione e webinar dedicati alla creazione di figure adatte alla gestione delle attività enoturistiche in Cantina.
Ho avuto l’onore di poter conoscere in qualità di relatore sia l’ambito “Master” che l’ambito “Consortile” e di vedere il fiorire di moltissime realtà improvvisate che si sono gettate a capofitto nella nuova eldorado.
Che cosa ci fa capire tutto ciò?
A mio avviso questa frenesia e fibrillazione deve farci capire quanto il mondo dell’Enoturismo e tutta la sua filiera, basti pensare alla ristorazione ed alle attività delle guide, dei produttori di prodotti tipici ecc… sia strategico per la ripartenza del nostro Paese in epoca post-COVID.
L’enoturismo, la valorizzazione delle realtà locali, i prodotti tipici, i borghi medievali ed i musei della Civiltà contadina e del vino non sono un semplice “settore”, sono il nostro DNA.
Sono l’elemento che ci permette di dire al mondo “questi siamo noi, venite a conoscerci”.
Se fissiamo questo scenario nella nostra mente possiamo anche capire come prepararci al meglio per quello che verrà.
Davvero pensate che sia sufficiente riprendere il percorso interrotto e “riaprire le cantine” per tornare a quella che consideravamo la “normalità”?
Questo è veramente il punto centrale della questione.
Le persone sono cambiate, il mondo è cambiato, l’approccio al vino ed alla degustazione sono cambiati.
In questo periodo abbiamo visto nascere e letteralmente esplodere piattaforme di e-commerce, portali di wine experience, tasting box e visite virtuali in cantina.
Le stesse cantine hanno iniziato a considerare piattaforme come Zoom, Google Meet e Skype come strumenti “normali” per un meeting o una riunione.
Tutto questo non sparirà, ma dovrà integrarsi in modo armonico con ciò che facevamo prima.
La tecnologia in questo anno ci ha fatto intravedere come le cose possano cambiare. Ma attenzione a non andare da un estremo all’altro.
Equilibrio è la parola magica. E l’equilibrio si raggiunge attraverso la competenza delle persone che, dietro le quinte, si occupano di organizzare il settore accoglienza nelle strutture.
E qui tornano ad essere fondamentali i percorsi formativi che ho descritto in precedenza.
Ma c’è sempre l’ultimo miglio da percorrere. L’anello di congiunzione da trovare.
Se da una parte abbiamo i player digitali che ci dicono “…ecco, questo è tutto ciò che ti serve per poter migliorare la tua offerta enoturistica…” dall’altra abbiamo le strutture che rispondono con “…sì ma come faccio a…”.
Le mani si sfiorano ma non si toccano ancora. Ci vuole l’ultimo sforzo che deve essere compiuto necessariamente dalle cantine.
Secondo voi una cantina, anche molto piccola, può far a meno del suo Enologo? Sarebbe folle. Ecco questo è l’anello mancate. La cantina non può fare a meno di una figura che negli anni sarà fondamentale quanto l’enologo: “il responsabile delle esperienze in cantina”.
Può essere chiamato in molti modi ma la sua funzione primaria sarà quella di rivoluzionare il modo di fruire le esperienze in cantina e di “strutturare” l’offerta enoturistica nel DNA aziendale.
Più la cantina è piccola più questa figura sarà importante.
L’obiettivo dovrà essere quello di valorizzare l’unicità della struttura, la sua importanza sul territorio, la sua filosofia, i suoi prodotti e le scelte ed i racconti che li hanno fatti arrivare fino ai giorni nostri.
In tutto questo poi un ruolo determinante lo avranno il linguaggio e la comunicazione, due aspetti veramente sottovalutati.
Oggi, qualunque sia il pubblico che le cantine si trovano davanti, le visite possono essere riassunte pressappoco così: benvenuti, vigneto, metodo di coltivazione, uve, cantina di fermentazione, affinamento, passaggio in barrique, degustazione. E parlando di degustazione avremo: vitigni, grado alcolico, mesi di affinamento, sensazioni degustative e abbinamenti.
Sbaglio? Scusate la provocazione ma è un modo diretto per focalizzare l’attenzione su questo importante passaggio.
Potremmo dire che non c’è bisogno di cosa nuove, ma di un nuovo modo di raccontarle.
Linguaggio e comunicazione, cerchiamo di capire chi verrà da noi e che tipo di profilo avranno i nostri ospiti.
Quando parleremo dei nostri vini magari potremmo approfondire la storia che c’è dietro al loro nome o alla loro etichetta, arricchendo il racconto con qualche aneddoto, lo stesso discorso potrà essere fatto sulla cantina o sulla struttura aziendale, lasciando gli aspetti tecnici ad un pubblico di sommelier o di professionisti del settore.
Ho iniziato ad occuparmi di comunicazione per il mondo del vino nel 2001 e le sensazioni sono le stesse di allora. 20 anni fa pensare ad una figura che si occupasse di marketing e comunicazione in azienda era come parlare in una lingua incomprensibile e poi vediamo tutti che cosa è successo e quanto il marketing e la comunicazione si siano radicate nelle diverse realtà della filiera enoturistica.
Siamo nuovamente ai nastri di partenza.
Abbiamo imparato qualcosa?
Abbiamo fatto veramente i compiti?
Beh io non vedo l’ora di scoprirlo, magari con un vostro calice tra le mani.